venerdì 16 aprile 2010

I politici: sì alle archistar, riempiono le pagine dei giornali

Non bisogna costruire grattacieli solo perché sono espressioni di potere. In Italia non ha senso parlare di città verticali, siamo un Paese che non cresce

È un’archistar?
No! Credo che i problemi siano due: da una parte il bisogno mediatico che ha un architetto quando realizza opere che creano dibattito; dall’altra questo però testimonia anche la crisi della comunicazione. Il lavoro delle archistar è più civile: questi architetti hanno lo stesso ruolo di tanti uomini importanti, come i medici o gli avvocati. Dietro alle archistar devono esserci persone di cultura, ma non sempre è così: si mediatizza l’immagine e poi si perdono i contenuti. L’architetto è una persona importante, perché lavora dentro la società, dentro la cultura, è comunque una figura che emerge. Le nostre archistar locali, italiane, hanno ricevuto riconoscimenti internazionali: questo dimostra che chi fa bene il suo lavoro viene apprezzato perché segna un momento della storia. Poi però diventa una star perché il meccanismo mediatico lo trasforma in oggetto di comunicazione glamour, ma fa parte del gioco, no?

Perché non si definisce un’archistar?
Non mi piace questa deriva che spinge più sull’immagine che sui contenuti, mi sembra più interessante parlare del mio lavoro, punto di riferimento per i giovani, per chi vuole disegnare l’architettura. Mi sento un po’ come un medico che opera a cuore aperto, ma che quando esce dall’ospedale non viene sempre fotografato. Il mio ruolo è più normale.

Chi solo le archistar ?
Renzo Piano senza dubbio, una persona conosciuta da tutti, e Massimiliano Fuksas. Questi architetti stanno segnando il nostro tempo, li possiamo chiamare archistar perché sono uomini di cultura.

Per leggere tutta l'intervista all'architetto Mario Cucinella clicca qui

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